STAGIONI (2015)
Quando si dice Bardonecchia, un arrampicatore pensa subito alle prime gare di arrampicata sportiva. Ma per me, che in quei posti vi sono cresciuto, c’è qualcosa di più. Più che un mondo! Qualche ricordo, in ordine sparso…
I miei primi sci, molto piccoli, li ho calzati sui campi di Les Arnauds. Avevo 4 anni appena, e cercavo di seguire una severa maestra tutta vestita di rosso senza cadere. A 12 anni mi ero già dimenticato degli skilift ed avevo già violato tutte le cime della valle, nonchè salito da solo e con gli sci le vette sopra le piste. Poi, avevo finalmente conosciuto le Dolomiti di Valle Stretta e addio neve!
Con quattro amici avevamo preso il treno da Torino e, scesi alla stazione di Bardonecchia, ci eravamo incamminati sci in spalla verso quella magica valle. Dopo una marcata curva c’era la frontiera e, come d’incanto, sembrava di venire improvvisamente trasportati in un altro mondo. Pini cembri, alte pareti di calcare, enormi ghiaioni e aria calda primaverile, anche in inverno… A Pian del Colle solitamente calzavamo gli sci, il Monte Tabor era laggiù, lontanissimo, ma ci aspettava una notte in tenda sotto la tetra parete dei Militi, il regno di Gervasutti! E uno spicchio di luna, una fetta di stelle.
A 14 anni mi fu proposto di andare a fare una via di roccia, un’arrampicata vera e propria! Con Mario, ancora ricordo, salimmo il Gran Addritto per una via che forse non esisteva, III o III+ su quarzite. Ero il bocia di turno e venivo pertanto trattato come una matricola. Allora era così. Comunque sia fu una delle mie prime arrampicate e, soprattutto, una delle mie prime corde doppie in montagna! Con la corda dietro la spalla, naturalmente!
A 19 anni, con 100 nuovi mattini tra le mani fresco di stampa, ci fiondammo sulla Parete dei Militi. Il mio compagno ne aveva 16, andava (ancora) solo da secondo e mi incitava a proseguire con la frusta, esattamente come se fossi stato il suo cavallo. Fatta la De Albertis, proseguimmo per la Rivero, perchè il libro suggeriva di fare così. Non avevo nessuna esperienza di arrampicata dolomitica e di roccia marcia, quella via me la ricordo come un incubo! Come non ci ammazzammo non lo so. Ricordo che ero terrorizzato, Roberto invece era eccitatissimo.
Poi vennero i tempi delle prime arrampicate sportive. La base della Parete dei Militi venne attrezzata a spit e noi non potemmo non confrontarci con quelle liscissime placche appena aperte. C’erano Bernardi, Luzi, Perona e le prime guide della valle, che si davano un gran daffare a chiodare. Non si parlava ancora di gare, ma le vie di riferimento si chiamavano Albatros, Tao, Rebecca. Alla fine, batti che ci ribatti le corna, riuscimmo a salirle in libera anche noi. Il 7a di placca, allora, non era poi così scontato!
Scivolò via l’epoca delle gare senza sentire l’esigenza di assistervi ma, nonostante il tempio per me profanato, sulla Parete dei Militi tornavo sempre molto volentieri. Con la mia fidanzata, più che a Briançon, preferivamo piantare la tenda sotto la parete. Il vento agitava i pini, dopo il caldo dell’estate sarda era come tornare alla vita. Lei diceva che quando arrivavo in quella valle cambiavo, mi brillavano gli occhi. Mi confrontai con due delle vie di placca più difficili di allora, Me Gusta e Sendero Luminoso, e riuscii a salirle in un paio di tentativi. A quel punto potevo anche far finta che non esistessero le vie scavate delle gare, poco lontano, questi due gioielli valevano il mio viaggio. Poi, normalmente, migravamo verso sud, Verdon e Ceuse.
Anche negli ultimi anni son tornato spesso. Vie lunghe, soprattutto, ma persino mountain bike, come in occasione della nascita della mia seconda figlia Elena, che conobbe Bardonecchia a poche settimane di vita. Questa foto però risale al 2007 e mi fa ricordare un bel pomeriggio da solo con Sara, la più grande. Velocissimi, avevamo salito lo Spigolo Fornelli, forse non più di un’ora e mezza. Sara aveva appena 12 anni, e non ebbe nessun problema. Alla base della parete c’era una malga che faceva i formaggi, ed allora anche i gelati. Erano superlativi, e la portai a gustare quella delizia di montagna. Sara mi sembrava Heidi, ed io il nonno che le mostrava quanto fosse bella la montagna. La sera ci trasferimmo al campeggio di Briancon, perché lei voleva fare la doccia, ed ai Militi avrebbe dovuto lavarsi nel torrente ghiacciato. Troppo per lei! Prima di dormire, acconsentii a guardare un intero cartone animato in giapponese (la sua passione) nel lettore DVD. Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere in tenda, in montagna…
Il giorno dopo raggiungemmo Franco e Marvi a Briancon, con cui andammo a fare una passeggiata. Marvi regalò a Sara un libro. Dentro c’erano due o tre stelle alpine, raccolte sulle cenge più scoscese del Massiccio dei Cerces. Sara sgranò gli occhi stupefatta dal regalo proibito. Da bambino, prima di dormire, leggevo le guide escursionistiche e fantasticavo sulle cime da salire. Mio padre metteva sempre alcune stelle alpine tra le pagine, io le utilizzavo come segnalibro. Il cerchio si chiudeva proprio qui, su queste montagne…
Nella foto: Sara sullo Spigolo Fornelli ai Militi (2007)